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Cor-rispondenze

lunedì 12 gennaio 2015

La ragione e il cuore


 
Caro Professore,
uno dei miei maggiori limiti da sempre è esternare le mie emozioni. Sono poche le persone che conoscono questo lato di me, perché tendo a "tenere tutto dentro" e nascondermi dietro la mia facciata di ragazza allegra e spensierata. In ogni caso, proverò a porle la mia domanda. Riguarda un pensiero tratto dalla raccolta di pensieri di Pascal, che Lei ci ha consigliato come lettura per le vacanze natalizie. Dice: "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce", è probabilmente uno dei pensieri più noti di Pascal, ma al di là della sua valenza filosofica, pensandoci su ho trovato un significato più "immediato". Come sappiamo, ci sono scelte in cui è meglio seguire la mente, altre in cui si preferisce seguire il cuore. Ho notato che il mio carattere razionale mi ha sempre indotta a scegliere la strada indicata dalla "mente", solo ultimamente mi sto rendendo conto che ascoltando il cuore, avrei preso decisioni migliori. In conclusione la mia domanda è: Esiste un modo di capire quale è la "vocina interiore" che è meglio ascoltare? C'è una strada "giusta" e una "sbagliata", o "tutte le strade portano a Roma"? La persona che mi ha aperto gli occhi è stato il mio attuale ragazzo, che ho sempre respinto per ascoltare quello che la mia parte razionale mi comunicava. Ma ora, a distanza di qualche anno, ringrazio davvero la me stessa che in un momento di perdizione ha ascoltato il cuore, perché se non fosse andata così probabilmente non avrei mai conosciuto la persona a cui, ora come ora, tengo di più.
Marta, IV A


Cara Marta,
Dovremmo chiederci quando abbiamo cominciato a pensare che le emozioni fossero dannose per la vita. Forse quando abbiamo fatto esperienza della loro intensità, della capacità di farci agire e reagire, superando i limiti ammissibili per conservare buoni rapporti sociali. Forse è da un tempo remoto che abbiamo cominciato a diffidare delle emozioni e a riconoscerne il carattere potenzialmente distruttivo. Sappiamo infatti che è preferibile decidere a “mente fredda” piuttosto che sotto l’impulso, e che è meglio stare alla larga dalle “teste calde” così come dalle persone “apatiche”. Gli antichi conoscevano perfettamente la pericolosità degli eccessi e dei difetti emotivi e ci hanno insegnato a diffidare di ogni intemperanza consigliandoci la “giusta misura”. Anche se sappiamo che in preda alle emozioni non siamo in grado di fornire valutazioni obiettive, non dobbiamo considerare che ragione ed emozioni siano incompatibili come l’acqua e l’olio. Il neuroscienziato portoghese Antonio Damasio, ne L’errore di Cartesio (Adelphi, 1995) ci ha insegnato che emozione e ragione non sono né in conflitto né rigidamente separate, ma che le emozioni fanno parte del «circuito della ragione». Esse non sono di intralcio al ragionamento in quanto contribuiscono al processo del pensiero. Certo, egli ricorda che in alcune circostanze l’emozione può sostituire la ragione, perché il corpo attiva rapidamente un «programma di azione emozionale». La paura, ad esempio, in certe situazioni  permette di avvertire un pericolo e di sottrarsi ad esso prima di aver attivato la ragione stessa. Scrive pertanto Damasio che «gli esseri vi­venti possono agire in modo accorto senza dover pen­sare in modo accorto». L’evoluzione ha così consentito agli animali e all’uomo di tutelarsi senza troppa fatica da situazioni che non consentono i tempi distesi della riflessione. Poiché l’uomo deve essere considerato in maniera unitaria e non composto da parti irrimediabilmente separate tra loro, Antonio Damasio ha modificato la famosa e bellissima frase di Blaise Pascal che hai citato in questo modo: «l'organismo ha alcune ragioni che la ra­gione deve utilizzare». Infatti, quando dobbiamo prendere una decisione non solo cerchiamo razionalmente le possibili opzioni e ci rappresentiamo gli esiti futuri, ma attiviamo parallelamente il riferimento ad esperienze emozionali simili vissute in passato. Poiché possiamo anche tener conto di tali esperienze nel processo decisionale, le emozioni ci aiutano a considerare maggiormente le alternative, dunque contribuiscono al processo di ragionamento. Ci rendono per così dire più “ragionevoli”, impedendoci di continuare inesorabilmente in un percorso apparentemente logico, ma sterile. Antonio Damasio sottolinea efficacemente questo aspetto. Scrive infatti: «Quando l'emozione è completamente esclusa dal processo del ragionamento, come accade in alcune patologie neurologiche, la ragione si scopre essere ancor più difettosa di quando l'emozione si intromette nelle nostre decisioni, giocandoci i suoi tiri mancini». Allora non è vero che «tutte le strade portano a Roma», ci sono strade privilegiate e strade sbagliate. “Ascoltare la vocina” significa accogliere tutte le indicazioni che provengono dal corpo (o dal “cuore”) e attribuire loro la stessa importanza che riserviamo ai saggi suggerimenti che ci consentono di assumere più responsabilmente delle decisioni. Più ascoltiamo la componente del cuore e meno commettiamo errori. In altre parole (dal punto di vista interpersonale) facciamo soffrire di meno le persone con cui ci relazioniamo e (dal punto di vista intrapersonale) ci affliggiamo di meno. O, come nel tuo caso, semplicemente, viviamo meglio.
Un caro saluto,
Alberto

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