Cerca nel blog

Cor-rispondenze

lunedì 21 ottobre 2013

Il silenzio sa parlare



Caro professore,
Quest’inverno ho letto un libro: «Bianca come il latte, rossa come il sangue». «Ogni cosa è un colore, ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco, una notte in bianco, gettare bandiera bianca...». Questa frase mi ha fatto riflettere. Secondo me il silenzio non è bianco, il silenzio è l’unione di tutti i colori. Perché i momenti di silenzio sono quelli in cui pensi, ed è lì che ti accorgi dei tuoi cambiamenti, ti accorgi delle tue scelte, di tutte le cose che hai detto quando non sopportavi nessuno, ed è lì che ti accorgi che il silenzio non è bianco! Il silenzio parla più di tutti gli altri colori... Perché la gente parte dal presupposto che il silenzio abbia meno valore delle parole?
Francesca (I H)

Cara Francesca,
Il silenzio comunica. Non è assenza di significato, ma moltitudine di contenuti. Il silenzio può essere bianco, se lo intendiamo simbolo di freddo distacco, ma è ricchezza di caldi colori in quanto comunica vari significati. C’è un silenzio che è vuoto relazionale e un silenzio che è pienezza. Un silenzio che segnala la mancanza di persone significative e un silenzio che è segno di vicinanza affettuosa. C’è il silenzio di chi compie frettolosamente un crimine e c’è un silenzio di chi crea armonia con gli altri. Dolore e gioia si alternano sulla scena del silenzio. Dentro l’animo umano arde talvolta un silenzio di rabbia o risplende un silenzio di mitezza e di serenità. Talvolta il silenzio allontana ed esclude, talvolta avvolge e include. È vero, spesso temiamo il silenzio e lo saturiamo con le parole, ma chi ha dimestichezza con la dimensione del silenzio sa che nella vita esso segnala spesso pienezza di relazione e non solo mancanza. Sappiamo quanto sia importante il ruolo del silenzio nella comunicazione. Il critico letterario Stuart Sim ha scritto un “Manifesto per il silenzio” (Feltrinelli 2008) in cui richiama la distinzione operata da J. Vernon Jensen  sulle  cinque funzioni che il silenzio svolge nel processo comunicativo («connettere, emozionare, rivelare, giudicare e attivare»). Egli ritiene che il silenzio possa avere un ruolo positivo o negativo: può infatti «unire o separare un gruppo», «confortare o ferire», «palesare o nascondere l'informazione», «esprimere un consenso o un disaccordo su una questione», o mettere «in atto o meno qualche forma di pensiero». Stuart Sim propone di rivalutare il ruolo essenziale del silenzio per una vita sana. Egli ritiene che la nostra società consumistica faccia abbondante uso del rumore per vendere i suoi prodotti («il business sfrutta il rumore per fini commerciali»). Per questo, secondo l’autore: «Il silenzio, quindi, può diventare un chiaro messaggio politico, il rifiuto di sottostare agli imperativi economici delle grandi imprese e delle multinazionali».
Il rapporto della parola con il silenzio è certamente un rapporto inscindibile e particolare: ci sono parole che rompono il silenzio, pronunciate appositamente per infrangerlo e parole che «penetrano nel silenzio senza romperlo». Elie Wiesel, in “Credere o non credere” scrive: «Quando la Toràh fu promulgata sul Sinai — disse Rabbi Abbahù a nome di Rabbi Yochanan — gli uccelli smisero di pigolare e gli animali di grugnire, il mare di mugghiare e i venti di soffiare. E quando Dio parlò e disse «Anokhì», le parole penetrarono nel silenzio senza romperlo». Ho sempre trovato bellissima questa frase: «parole che penetrano nel silenzio senza romperlo». Come un suono dolce che scivola dentro il respiro. Quelle parole permetteranno all’uomo di pensare. C’è dunque un silenzio come «condizione» del pensiero e uno come «reazione» emotiva. Io amo soprattutto il primo: quello che precede le parole, il requisito fondamentale per la formazione dei pensieri. Spesso si dice che la televisione impedisca il dialogo, perché interrompe le parole tra i componenti della famiglia. In realtà fa molto di più: occupando e saturando lo spazio che precede le parole, zittisce il silenzio, annulla cioè lo sfondo da cui emergono le parole e dunque solo in un secondo tempo frena le espressioni e impedisce il dialogo. Il silenzio, come dici tu, «parla più di tutti gli altri colori», perché, oltre ad essere esso stesso un colore, è ciò che permette l’affacciarsi alla vita di tutti gli altri colori.
Un caro saluto,
Alberto

Nessun commento: