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Cor-rispondenze

lunedì 10 ottobre 2011

Gli uomini somigliano a orologi



Arthur Schopenhauer:
1. «Gli uomini somigliano a orologi, che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta, che un uomo viene generato e partorito, è l'orologio della vita umana di nuovo caricato, per ancora una volta ripetere, frase per frase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata. Ciascun individuo, cia­scun volto umano e ciascuna vita non è che un nuovo breve sogno dell'infinito spirito natura­le, della permanente volontà di vivere; non è che una nuova immagine fuggitiva, che la volontà traccia per gioco sul foglio infinito dello spazio e del tempo, lasciandola durare un attimo appena percettibile di fronte all'immensità di quelli, e poi cancellandola, per dar luogo ad altre. Nondimeno, e in ciò è l'aspetto grave della vita, ognuna di tali immagini fugaci, ognuno di tali insipidi capricci dev'essere pagato dalla intera volontà di vivere, in tutta la sua violenza, con molti e profondi dolori, e in ultimo con un'amara morte, a lungo temuta, final­mente venuta. Per questo ci fa così subitamente malinconici la vista d'un cadavere.
La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti signifi­canti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della com­media. Imperocché l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene di commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi non riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia.”

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Bari, Laterza, 1991, vol. II, pp. 424-425).



"Davanti alla filosofia del grande Schopenhauer non si può far altro che ascoltare ammutoliti e impotenti scorrere le parole, riconoscendo la nostra condizione di inferiorità nei confronti della natura. Il filosofo tedesco si è divertito nel definire l'uomo un orologio che dalla nascita è progettato per affannarsi e correre a destra e a manca, sperando in questo modo di soddisfare i suoi desideri, che però non verranno mai saziati. Egli paragona inoltre gli uomini a goffi personaggi da commedia, immersi nello scenario quotidiano della vita che assomiglia di più, però, a una tragedia. Tra tutti i filosofi affrontati finora, penso che di Arthur Schopenhauer ricorderò perfettamente il pensiero e le massime anche una volta abbandonato lo studio della filosofia. Il suo pensiero tratta di una questione vicina all'umanità, che non parla né di logica, né di metafisica, né di Dio; l'argomento di cui si occupa e il modo in cui ne parla sarebbe comprensibile anche da un uomo poco istruito che scommetterei ne rimarrebbe fortemente affascinato. Ebbene, il suo pensiero ha colpito anche me; mi ha fatto fermare un attimo, abbandonare il pensiero della scuola, del lavoro, dei divertimenti con gli amici per chiedermi se davvero valesse la pena continuare questa corsa per cercare di essere sempre la migliore se poi alla fine tutti noi arriveremo ad uno stesso traguardo rendendoci conto che non ci sarà nessun premio peri primi, ma saremo tutti sullo stesso piano.
Madre Natura ha forse donato l'immortalità ad Alexander Fleming per aver scoperto la penicillina o ha forse dato un ringraziamento speciale a Nelson Mandela per aver combattuto l'Apartaid? No, loro, come tutti gli altri grandi del passato, sono ora sepolti sotto terra, alcuni con le spoglie ancora parzialmente intatte, altri già completamente decomposti sono ritornati a far parte della Natura sotto un’altra forma. I nostri cadaveri verranno attaccati e divorati da batteri tanto piccoli che sembra impossibile che abbiamo la forza di smembrare i nostri corpi; eppure la Natura così vuole e così nel mondo avviene. Siamo completamente impotenti di fronte a tutto ciò. Così l'uomo che avrà dato il contributo più utile e ammirevole all'umanità si troverà alla fine della sua vita nella stessa condizione di quello più pigro, più inutile, più apatico che sia esistito. Alcuni nomi dei grandi del passato rimangono oggi scritti sui libri di testo, le loro filosofie studiate a fatica da studenti troppo impegnati nelle loro occupazioni, le loro opere impolverate nelle biblioteche; di tutti gli altri uomini vissuti non resta più niente, le loro spoglie sono diventate concime della terra che noi calpestiamo quotidianamente. La Natura ha fatto il suo corso, ci ha messi al mondo e quando arriverà il momento ci toglierà la vita; non è “maligna”, è solamente programmata biologicamente per far accadere gli avvenimenti in questo modo.
Riconoscendo questa condizione a cui siamo vincolati, non riesco però ad accettare passivamente tutto ciò. Sarà che a diciotto anni niente e nessuno riesce a toglierti il sorriso dal viso, sarà che a quest'età la nostra condizione di esseri impotenti viene spesso sottovalutata in quanto si crede di riuscire a dominare il mondo, fatto sta che nonostante condivida alcuni aspetti della filosofia di Schopenhauer, continuo a pensare che nella Vita non ci siano solo dolori ma anche felicità. Probabilmente sono fortemente condizionata dal pensiero di mia nonna che, a 76 anni, continua a non temere la morte; sa che potrebbe abbandonarci da un momento all'altro, ma il fatto che ci lascerebbe con il cuore colmo di felicità le fa vivere gli anni dell'anzianità con gran serenità. La sua soddisfazione più grande è quella che - grazie a lei -, otto nuove creature si sono generate, otto nuovi cuori hanno iniziato a battere. Non le importa se ha dovuto soffrire tutti questi anni per giungere a questa conclusione, il suo consiglio da anziana saggia nei confronti dei nipotini inesperti rimane sempre lo stesso: "La vita è tanto breve per essere sciupata, le sofferenze e i dolori sono all'ordine del giorno, la felicità non è innata, bisogna crearsela, ma una volta che la si ottiene cancella tutte le pene che si sono dovute subire". Ebbene, con tutte le disgrazie che avvengono quotidianamente e di cui sentiamo parlare, riesco finalmente ad apprezzare pienamente il più grande bene che la Natura ci abbia offerto, la vita e penso che donarla un giorno ad un'altra creatura sia la felicità più grande che si possa ottenere, nonché unico rimedio per cancellare tutte le sofferenze".
Elena Giachino
V A Liceo Scientifico

La lettera di questa settimana è una citazione di Schopenhauer. Ho trovato la riflessione di Elena Giachino una bella risposta al filosofo e per questo ho deciso di riproporla qui.
un caro saluto,
alberto

1 commento:

Alex ha detto...

Grazie per queste belle riflessioni