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Cor-rispondenze

lunedì 11 ottobre 2010

Sola nella folla


Caro professore,
Da un po’ di tempo a questa parte, più precisamente da quando ho iniziato il Liceo, sento dentro di me un grandissimo senso di solitudine. Non penso ci sia da stupirsi, ma non riesco a capacitarmi del fatto che pur essendo circondata da mille persone a cui credo di voler bene...mi senta più sola di quando realmente sono sola...ho una sensazione di paura mista a delusione che provoca in me un grande senso di solitudine...Mi ritengo una persona molto altruista e sono sempre pronta ad aiutare i miei amici...ma quello che più mi delude è che più sono me stessa più ricevo pugnalate alle spalle...Non voglio più sentirmi sola...è strano come alcune volte sono circondata da tutti coloro a cui voglio bene...e nonostante questo mi senta spaesata, persa...SOLA....
Marianna


Cara Marianna,
“Essere soli è diverso dallo stare da soli o dal sentirsi soli”.
Così scrivono due importanti psicologi americani, John Cacioppo e William T. Patrick in Solitudine. L'essere umano e il bisogno dell'altro [Il Saggiatore, 2009].
Individuano pertanto almeno tre connotazioni della solitudine:
1. Stare da soli.
Non necessariamente “stare da soli” è indice di solitudine o fonte di malessere. L’hai certamente sperimentato anche tu. Una pianista passa molte ore nel suo studio da sola al pianoforte, così un ciclista che si allena in montagna e molti atleti. Anche gli scrittori, i musicisti e gli scienziati per creare le loro opere trascorrono molti momenti in disparte. Questa solitudine è impiegata per fare un importante lavoro su se stessi e giova per raggiungere un certo obiettivo. Si sta da soli, ma non ci si sente soli. Pensa ad esempio ai monaci o ai sacerdoti: passano molto tempo nella solitudine e nella preghiera, ma non vengono lasciati da soli e non necessariamente si “sentono” soli. Possiamo isolarci per molto tempo, per un compito, un lavoro, ma nello stesso tempo avvertire la presenza delle persone care. Avvertire l’amore delle persone infonde fiducia sufficiente che permette di stare isolati anche per lunghi periodi.
2. Sentirsi soli.
Tu hai conosciuto un’altra solitudine, ossia la sensazione di sentirsi soli in mezzo agli altri. Questa solitudine è relativa al processo di crescita che avviene dentro di noi. Ed è essenziale per scoprire veramente quello che ci interessa o ci fa stare bene. Ci accorgiamo gradualmente che non riusciamo più a identificarci in certi valori, che non proviamo più divertimento per certe attività, che non riusciamo più ad immedesimarci nelle occupazioni abitudinarie. Questa solitudine è però il segnale del processo di individualizzazione che avviene dentro di noi. Ogni cambiamento che implica la nostra crescita chiede il passaggio attraverso la solitudine. Perché si perdono certe connessioni (tra persone, idee, visioni del mondo) e se ne devono creare altre. Il periodo dell’adolescenza chiede di creare nuovi nessi con il sapere e nuove relazioni con le persone. È piuttosto normale, allora, sentire quelli che vengono definiti i “morsi della solitudine”. Il “morso”, se vogliamo usare questa metafora (canina), indica un evento doloroso ma discontinuo, fastidioso ma temporaneo. Intermittente, e dunque non definitivo. A volte la lontananza è vitale, la solitudine aiuta a prendere contatto con se stessi, a riflettere maggiormente sui propri cambiamenti. Sappiamo però che si entra e si esce dalla solitudine: non siamo mai completamente (solamente) legati agli altri né soli, ma ad intermittenza torniamo ad essere da soli e a relazionarci al mondo. Allora la solitudine ha a che fare con la nostra struttura naturale, con la nostra “umanità”. È attraverso momenti di solitudine che rinnoviamo la nostra vita.
3. Essere soli.
C’è però ancora un’altra solitudine che provoca un forte dolore: essere soli. La separazione sociale produce sofferenza e aumenta la possibilità di ammalarsi. Scrive Cacioppo: “le sensazioni di connessione sociale, così come le sensazioni di separazione sociale, hanno un'enorme influenza sul nostro corpo e sul nostro comportamento. Tutti ci indeboliamo fisicamente prima o poi, ma la solitudine può far aumentare la pendenza della discesa. Di contro, i rapporti sani possono contribuire a rallentare il decadimento”. L’idea solitudine come dolore sociale non è solo una metafora. John Cacioppo mostra che le neuroimmagini ottenute grazie alla risonanza magnetica funzionale (fmRi) rivelano che la regione emotiva del cervello che viene attivata quando ci sentiamo isolati ed esclusi è la stessa regione che registra le risposte emotive al dolore fisico (il cingolo anteriore dorsale).
Pensa che gli autori ipotizzano che, dal punto di vista evolutivo, come il dolore fisico ci fa avvertire un pericolo, così il dolore da separazione ci segnala che siamo in pericolo dal punto di vista sociale: “Il dolore fisico protegge l'individuo dai pericoli fisici. Il dolore sociale, noto anche come solitudine, si è evoluto per una ragione simile: perché proteggeva l'individuo dal pericolo di rimanere isolato”.
“I nostri antenati dipendevano dai legami sociali per la propria sicurezza e per la riuscita della replicazione dei propri geni in forma di discendenti che sopravvivessero abbastanza a lungo da riprodursi a loro volta. Le sensazioni di solitudine segnalavano quando questi legami protettivi erano in pericolo o insufficienti. Così come il dolore fisico funge da sprone a cambiare comportamento — il dolore della pelle che brucia ci dice di togliere il dito dalla padella rovente — allo stesso modo la solitudine si è sviluppata come stimolo a prestare maggiore attenzione ai rapporti sociali, a cercare di comunicare con gli altri, a rinvigorire legami logorati o spezzati. Ma si trattava di un dolore che ci spingeva a comportarci in modi che non sempre servivano il nostro interesse personale immediato. Era un dolore che ci faceva uscire da noi stessi, ampliando il nostro sistema di riferimento al di là del presente
”.
Da questa prospettiva, il dolore della solitudine è la spia che ci spinge ad uscire dalla solitudine stessa e a creare legami sociali.
Quindi, stai serena. Il sentirsi soli, ossia la sensazione che hai descritto, è un segnale della consapevolezza della nostra individualità e del rinnovamento che avviene dentro di noi.
La solitudine fa parte della vita. Dobbiamo imparare a convivere con momenti di solitudine. Ma poiché siamo esseri sociali e sappiamo che la felicità deriva soprattutto dalle relazioni, facciamo in modo che ogni ritirata sia la molla per un nuovo slancio nelle relazioni.
Un caro saluto,
alberto

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