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Cor-rispondenze

lunedì 18 gennaio 2010

Spazi inviolabili


Caro professore,
Fino ad un paio di anni fa pensavo che ognuno di noi possedesse uno spazio inviolabile dove potesse essere completamente al sicuro con se stesso e la propria famiglia; un valore materiale solamente nostro e che nessuno poteva compromettere. Tuttavia un fatto nella mia vita mi ha fatto riflettere meglio su questo argomento. Consideravo come mio spazio inviolabile la mia casa, ma un giorno i ladri hanno infranto questa mia sicurezza. Questo avvenimento ha subito fatto nascere in me la paura di non trovare più il mio spazio inviolabile, ma poi mi ha fatto riflettere sul fatto che non esiste nessun posto materiale in cui siamo totalmente sicuri; nulla è inviolabile alla malvagità, neanche il nostro corpo. Ho imparato ad avere più cura per le cose e le persone che potrei perdere da un momento all'altro ed anche per me stessa. Ha fatto nascere in me una riflessione anche su cose non materiali. Riflettendo ho capito che neanche il nostro pensiero è inviolabile, perché attraverso l'inganno alcune persone possono manipolare il nostro modo di pensare. Mi rimane però sempre una domanda... esiste qualcosa di nostro ancora più elevato e non materiale che nessuno può violare? L'unica risposta possibile mi sembra la nostra anima.
Anna


Cara Anna,
Esistono spazi inviolabili in cui possiamo sentirci al sicuro? Spazi in cui avvertiamo che il corpo non è a rischio, in cui l’affetto è durevole, i pensieri trovano ascolto, i bisogni profondi trovano accoglienza, le nostre incertezze sono ammesse, in cui ci sentiamo riconosciuti senza esitazioni? uno spazio fisico e psicologico in cui comprendiamo che il corpo, la sensibilità e le idee sono protetti, un luogo privilegiato, sottratto al caos del mondo o anche solo al riverbero degli eventi esteriori?
Che cosa c’è di inviolabile? Le persone in fondo si trasformano continuamente, biologicamente e culturalmente; persino il Dna è soggetto a evoluzione. Tutto si trasforma, anzi Hegel ci ha ricordato che ciò che governa tutta la realtà è il divenire: dunque tutto muta, si adatta e si rinnova. Oppure potremmo dire con Eraclito: “Panta rei”, tutto scorre. Un tempo esistevano ancora luoghi inviolabili: una montagna impervia, una cima inaccessibile, una foresta impenetrabile. Oggi anche questi luoghi possono essere raggiunti e conquistati. E anche gli spazi più vicini a noi, come dici tu, possono essere invasi da estranei. Nel 2002 è stato realizzato un film, “Panic room” (con Jodie Foster) che richiama l’attenzione proprio su questo tema. La protagonista, Meg Altman, si trasferisce con la figlia Sarah in una casa che ha una stanza blindata creata dal precedente proprietario. Ed è proprio in questa stanza che la notte stessa del trasloco si deve rifugiare con la figlia per difendersi dai ladri. Oggi sembra che persino attori importanti o uomini famosi o particolarmente ricchi facciano realizzare case con stanze blindate per proteggersi da imprevisti fatali. Recentemente i giornali ci hanno ricordato che anche il vignettista danese Kurt Westergaard, l’autore dei disegni su Maometto (2005), si sarebbe salvato da un assalto di un estremista islamico proprio rifugiandosi nella stanza blindata della propria casa.
Ognuno di noi sente però il bisogno di spazi di intimità e sicurezza: torniamo alle nostre case e abbiamo bisogno di protezione; dopo un viaggio sentiamo la necessità di ritrovare il nostro spazio e gli oggetti che fanno parte della nostra quotidianità o del nostro passato. Un luogo che rappresenti per noi un rifugio che offra protezione e conforto. Come dici tu l’idea di non trovare più il nostro spazio riduce la nostra serenità. Anche quando i ladri non rubano oggetti di valore (economico o affettivo) la sofferenza che ne deriva è davvero molto forte; gli psicologi lo sanno bene, perché le persone che hanno subìto un furto sono spesso pervase da un senso di impotenza e vivono per un po’ di tempo con maggiore apprensione.
Dunque è vero, con gli spazi esteriori l’inviolabilità non può essere facilmente garantita.
Vediamo allora cosa accade da un punto di vista psicologico.
Ti sarà già capitato che una persona che conosci da poco si sia involontariamente avvicinata un po’ troppo a te. Probabilmente la tua reazione è stata quella di fare un passo indietro, perché hai sentito invaso il tuo spazio. Bene, esistono degli spazi personali e interpersonali che, se invasi, mettono le persone a disagio. Gli psicologi li hanno persino misurati. Vera F. Birkenbihl nel libro Segnali del corpo (Milano, Franco Angeli, 2002), riporta tali distanze. Ognuno di noi possiede una zona intima (entro i 45 cm - mezzo braccio di distanza) in cui ammette le persone di cui si fida e le persone particolarmente care. Se qualcuno invade questo spazio si prova infatti una sensazione spiacevole e si mettono in atto dei meccanismi di difesa. Poi c’è una zona personale, ad es. tra due persone che chiacchierano a una festa (tra il mezzo braccio e il braccio intero; da 45 cm a 1,20 m). È una zona in cui si ammettono amici, famigliari e colleghi con cui si è in buoni rapporti e le persone con cui si comunica bene. A questa seguono una zona sociale (oltre il 1,20 m), che corrisponde alla distanza tra persone che si conoscono superficialmente, e una zona pubblica (oltre i 3,5 m). E’ il nostro modo di interpretare i segnali che provengono dal corpo e di intenderne il linguaggio.
E i nostri pensieri sono forse inviolabili?
A volte non vorremmo abbandonare certe convinzioni: idee, principi, credenze che ci hanno accompagnato magari per molto tempo e che hanno rappresentato per noi una fonte di sicurezza o un sostegno nei momenti difficili, perché sono diventati un po’ parte di noi e magari orientano ancora la nostra vita. Con il tempo, però, ci accorgiamo che in realtà cambiamo senza renderci conto per la continua rielaborazione delle idee, per la contaminazione di pensieri diversi e talvolta avvertiamo il cambiamento necessario perché dobbiamo fare i conti con nuove conoscenze che non sempre si accordano con le convinzioni precedenti. Riscontriamo quella che Leon Festinger (1919-1989) ha definito “dissonanza cognitiva”: “se una persona sa diverse cose che non sono tra loro psicologicamente coerenti, essa cercherà, in una varietà di modi, di renderle più coerenti [...]. La dissonanza cognitiva è uno stato motivazionale che spinge una persona a cambiare le sue opinioni, il suo comportamento” (L. Festinger, Teoria della dissonanza cognitiva, [1957], Franco Angeli, Milano, 1973). Rimaniamo magari per un po’ di tempo in uno stato di incertezza, in una situazione cognitiva conflittuale, ma poi siamo però indotti a modificare il nostro comportamento o le nostre idee per ripristinare la coerenza.
Allora, esiste veramente qualcosa di inviolabile?
Prima di provare ad abbozzare una possibile risposta più personale, vorrei proporti una bella riflessione di una filosofa spagnola del Novecento. Si chiama Maria Zambrano (1904-1991). In un libro intitolato Chiari del bosco [1977] (Bruno Mondadori, 2004) scrive: “Chi si raccoglie in sé [… ha dentro di sé uno spazio intangibile, diciamo, inviolabile”. Che cosa intende con “spazio inviolabile”? Zambrano pensa ad uno spazio dove c’è un pulsare di vita, un movimento quasi impercettibile come quello “dei semi sotto le zolle di un campo”. E’ il luogo dove la parola si appresta a nascere e annuncia qualcosa alla persona. È un annuncio che proviene dal profondo, una parola diversa dalle parole che servono per comunicare, per esprimersi o per trasmettere informazioni. Scrive la filosofa: “È la parola interiore, di rado pronunciata, quella che non nasce col destino di essere detta e rimane così lontana, remota, come se non dovesse tornare mai più. E perfino come se non fosse esistita mai, e la si conoscesse soltanto attraverso quel vuoto indefinibile, per quella specie di distesa che lascia. Perché è come un dilatarsi dello spazio ciò che si rivela”. […] “E parola in senso proprio è solo quella che è concepita, accolta, quella che infligge privazione, quella che può andarsene e nascondersi, quella che non dà mai la sicurezza di fermarsi, quella che procede volando”. Trovo che sia una bella riflessione. Certo, forse non tutti pensano che questo spazio possa essere inviolato, ma è uno spazio intimo, profondo, emotivamente intenso.
Ora provo a dirti quello che a me viene in mente e che, in realtà, mi è stato suggerito dalla tua riflessione. Ad un certo punto dici: “Ho imparato ad avere più cura per le cose e le persone che potrei perdere da un momento all'altro ed anche per me stessa”. Credo che tu abbia ragione: se vogliamo contribuire a difendere qualcosa, dobbiamo prendercene cura. 1) Per le cose. È bella la corrispondenza che hai fatto tra spazi esteriori e interiori: infatti, quando vengono violati certi spazi esteriori è come se fossero profanati quelli interiori. Per questo sentiamo spesso che la profanazione di certi ambienti è come un’intimità violata. Esterno e interno non sono poi così diversi. Possiamo pensare che esistano anche delle intimità all’aperto, spazi dove sono depositati i nostri ricordi o le memorie collettive. Prenderci cura di questi spazi, di questi oggetti e dell’ambiente più in generale ci permette di impedire che luoghi e ambienti possano essere guastati in modo irreversibile. 2) Per le persone. Fai bene a prenderti cura di te stessa e delle persone che ti stanno accanto. Nel corso della storia gli uomini hanno lavorato per creare “spazi di inviolabilità”. Nel linguaggio comune facciamo sovente riferimento a certi diritti della persona che definiamo diritti “inviolabili”; diritti soggettivi che in modo particolare a partire dal Seicento e dalla riflessione filosofica e giuridica si sono gradualmente affermati. Anche se faticosamente, nel corso del tempo sono stati estesi a più persone i diritti fondamentali: alla vita, alla libertà, all’integrità fisica, alla salute. Oggi quei diritti vengono riconosciuti, acquisiti e difesi negli ordinamenti nazionali e sopranazionali, perché espressione di valori e di bisogni essenziali della persona umana. I “diritti inviolabili” hanno la precedenza su tutti gli altri valori e sulle altre possibili valutazioni o preferenze di una comunità o di uno Stato. Per questo nel diritto sono protetti come “imprescrittibili”, ossia non possono decadere nel corso del tempo né essere invalidati da qualcuno. Questi valori sono anche “inalienabili”, ossia non possono essere tolti alla persona per nessun motivo (droits de l'homme). Sono semplicemente definiti “diritti fondamentali” e sono considerati imprescindibili dalle Corti costituzionali. Nella cultura Occidentale si trovano come principi ispiratori delle Costituzioni dei vari Paesi e fanno parte delle varie dichiarazioni che precedono le costituzioni dei diversi Stati. La sovranità della legge sta lì a ricordare che di questi diritti nessun uomo può essere privato. E’ con la nostra attività individuale e collettiva che possiamo fare in modo che qualcosa di inviolabile consenta agli uomini di condurre una buona vita.
Un caro saluto,
alberto

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